Il Mar Piccolo e il Mar Grande circondano Taranto. Due mari per l’antica città della Magna Grecia fondata da Sparta. Attraverso questo video, passeggiamo nella città vecchia, una vera e propria isola separata dal borgo umbertino dal ponte girevole.
5 cose da vedere a Taranto
Taranto offre l’opportunità di esplorare tutte le epoche storiche grazie alla diversità dei suoi siti culturali.
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L’arte magno-greca: il bizzarro schiaccianoci
All’interno del MarTA (il Museo Archeologico nazionale di Taranto) è esposta una ricca collezione di oggetti in oro e materiale prezioso tra cui spicca un curioso schiaccianoci, risalente tra la fine del IV e l’inizio del III sec. a.C.
Esso è composto da due avambracci femminili, impreziositi ai polsi da bracciali a spirale desinenti in protomi di serpente. Le mani sono elegantemente accostate in una stretta, come se stessero comprimendo qualcosa. Una cerniera posta tra i palmi delle mani consente di muovere le due parti, facendo leva.
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La cripta del Redentore: immagini bizantine
E’ una chiesa ipogea, situata nel borgo nuovo della città, all’interno dell’antica necropoli greco-romana. All’interno di un ambiente circolare absidato, emergono preziosi affreschi di matrice bizantina in cui si riconoscono le figure di Cristo Pantocratore (= Onnipotente, che può tutto), San Giovanni, la Vergine, San Basilio, Sant’Euplo e San Biagio (protettore dai mali della gola).
La spazio sacro è collegata ad una grotta con un pozzo di acqua sorgiva, un tempo dedicato al culto di Apollo e dove, secondo una leggenda riportata nell’Historia Sancti Petri del IX secolo, l’apostolo Pietro, diretto a Roma, si sarebbe fermato a Taranto somministrando il battesimo ai primi cristiani della città.
L’architettura militare: il Castello Aragonese
Il Castello, chiamato Castel S. Angelo, è posto vicino ad un’antica depressione naturale del banco di roccia sopra cui sorge il borgo antico della città. Consiste in una ricostruzione di epoca aragonese di una precedente fortezza normanno-sveva-angioina costruita, a sua volta, su una fortificazione bizantina che poggia su fondamenta risalenti al periodo greco (IV-III secolo a.C.).
Dopo la disfatta di Otranto del 1480 a favore della flotta turca, il re di Napoli, Ferdinando d’ Aragona, decide di rinforzare le difese costiere: il castello assume, così, la forma di uno scorpione con cinque torri rotonde ubicate ai suoi spigoli.
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L’esplosione barocca: il cappellone di San Cataldo
A sinistra dell’altare maggiore della basilica tarantina, si apre la cappella del santo patrono, a pianta ellittica, con la sua statua d’argento. Seguendo una visione spaziale tipicamente barocca, la fusione tra le parti architettoniche, scultoree e pittoriche favorisce il coinvolgimento emotivo del fedele e una fruizione dinamica dell’ambiente.
Le pareti curvilinee sono ricoperti di marmi policromi, lapislazzuli e madreperla. Su di esse, si aprono nicchie in cui si dispongono numerose statue di Santi in marmo bianco. La volta raffigura la Glorificazione di San Cataldo, firmata da Paolo De Matteis nel 1714.
L’arte barocca ha un potere di persuasione nella trasmissione del messaggio e del significato dell’opera. Coinvolge i sensi, stupisce, crea emozione, cattura l’attenzione, commuove.
La concattedrale di Giò Ponti
Alla fine degli anni Sessanta, l’architetto milanese Giò Ponti progetta la concattedrale come un grande vascello con le vele trasparenti che si specchiano in tre grandi vasche d’acqua antistanti l’ingresso.
Il millenario legame tra la città e il mare, con evidenti implicazioni di carattere produttivo, economico e sociale, è richiamato anche nell’organizzazione della facciata principale, nell’uso dei materiali da costruzione e dei colori.
All’interno, ad esempio, il colore verde si collega ai fondali marini mentre l’intonaco bianco e l’uso della pietra locale rimanda alla struttura della case pugliesi.
Nella cripta, è sepolto Guglielmo Motolese, amatissimo vescovo tarantino dal 1961 al 1987.
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